“Salento A PArte”: Annamaria Di Maggio - Corriere Salentino Lecce

2022-06-25 05:51:16 By : Ms. Laura Luo

Artisti si nasce. E per Annamaria di Maggio l’arte non è solo una passione e neanche solo una necessità, ma una vera e propria missione. Nata a Copertino ma residente a Villa Convento, dedica alla pittura tutta la sua vita: è il suo grande amore, senza il quale non riesce proprio a stare. Artista poliedrica ed eclettica, si specializza nella ricerca materica, dando vita ad una soluzione innovativa ed originale: le sue opere, infatti, sono realizzate su pezzi di tela cuciti a mano sulla yuta. Da qui la definizione di “pittura polimaterica”. Nei suoi quadri è possibile intravedere quelli che sono i pilastri della sua vita e del suo carattere: la fede, la forza e la speranza. Nel corso della sua carriera ha esposto i suoi lavori in numerose mostre, anche all’estero, e ha organizzato diversi laboratori di pittura per ragazzi disabili. Specializzata anche nel restauro, da ottobre insegna arte e immagine in una scuola media a Francavilla Fontana, oltre ad essere titolare di una cattedra di sostegno.

Come è nata la tua passione per la pittura?

Mi è sempre piaciuto disegnare e stare a contatto con i colori, sin da piccola. Questa passione man mano è cresciuta sempre di più, fino a quando in terza media decisi di iscrivermi all’istituto d’arte, contrariamente al volere dei miei genitori: loro, infatti,  volevano farmi intraprendere un altro indirizzo scolastico, ma io ero talmente convinta che cambiai da sola l’intestazione della scuola. Ricordo, infatti, che quando alle medie prendevo la circolare per tornare a casa, passavo sempre dall’Istituto statale d’arte G. Pellegrino, rimanendone totalmente affascinata e ogni volta mi ripetevo che alle superiori sarei andata lì. Così iniziai questo percorso, scegliendo l’indirizzo “pittura” e trascorrendo 5 anni veramente bellissimi. È da quella scuola che è partito tutto; lì, infatti, ho iniziato a dipingere. Dopo il diploma mi sono iscritta all’Accademia di Belle Arti di Lecce, indirizzo decorazione pittorica, laureandomi nel 1996. Anche quelli sono stati 4 anni stupendi. In seguito ho fatto un corso di restauro della cartapesta con il maestro Ugo Malecore, lo scultore e cartapestaio famosissimo. Ho iniziato a lavorare subito dopo la laurea, partecipando a mostre e realizzando opere su commissione.

Insomma la mia è stata proprio una scelta di vita, è questo quello che ho sempre voluto fare. E anche i miei genitori sono stati contenti alla fine.

Tratto distintivo della tua pittura è l’essere “polimaterica”. Ci spieghi questa definizione?

Si, io mi sono specializzata nella ricerca materica: il supporto delle mie opere è, infatti, la tela cucita a mano sulla yuta. Questo è il tratto distintivo che caratterizza la mia produzione artistica e devo dire che è stato molto apprezzato. Il sacco di yuta viene prima lavato e dopo vari trattamenti, viene steso per terra; io poi decido in quali punti inserire i pezzi di tela che vengono cuciti con lo spago. È la mia particolarità: mi piace molto, infatti, inventare cose nuove e diverse, metterci sempre del mio in ogni quadro che realizzo, dar vita a qualcosa che magari non si è mai visto.

La mia è una pittura poliedrica: adoro sperimentare nuove tecniche e amo dipingere su diversi materiali: legno, vetro, pietra. Ad esempio un quadro che ho realizzato interamente sul legno graffiato è “Grido di donna”, che affronta il tema della violenza sulle donne: qui c’è in primo piano la mano di un uomo che tiene chiusa la bocca di una donna. Tra l’altro quest’opera l’ho esposta in occasione di alcune manifestazioni proprio contro la violenza sulle donne a cui sono stata invitata, ad Arnesano, ma anche a Napoli.

Io dò molto spazio all’immaginazione e alla creatività. Anche il colore a volte non mi piace stenderlo in modo piatto, ma dargli volume; quindi uso gessi, stucchi e colle, prima di dipingere, per dare tridimensionalità alla tela.

La tecnica che utilizzo è mista, cioè olio e acrilico insieme: inizio ad abbozzare il quadro con l’acrilico e poi intervengo con l’olio per rifinire meglio il tutto, tramite velature e sfumature.

Quali sono i soggetti dei tuoi quadri?

La mia pittura ha subito un’evoluzione nel corso del tempo. All’inizio i soggetti erano proprio schematici, tipicamente accademici: prevalentemente quadri astratti, nature morte o paesaggi. Poi, nel 2005 la mia produzione artistica è stata caratterizzata dai fondali marini, che sono andati letteralmente a ruba. Ho scelto questo soggetto perché mi piace molto il mare: qui ci mettevo la parte interna della pala del fico d’india (la fibra vegetale essiccata) e la trasformavo a mo’ di corallo, in rilievo. Tutti i fondali marini erano accomunati dall’elemento del sole, simbolo della luce divina. Ad esempio ce n’è uno che ho realizzato sulla tela nera con i colori fosforescenti, quindi di notte il sole che si vede dal profondo del mare si illumina.

Dopo il 2005 ho iniziato ad unire il soggetto paesaggistico a quello femminile, dipingendo donne immerse nella natura. A partire dal 2016, la mia pittura si è concentrata sui volti e sui nudi femminili. Le mie donne hanno tutte un carattere molto forte, tenace e combattivo, soprattutto quando incontrano un’inaspettata tempesta di dolore. Io mi rivedo molto in ognuna di loro.

Mi capita anche di realizzare ritratti, su commissione, ad esempio di sposi.

Da circa un anno, inoltre,  mi sono accostata all’iconografia cristiana, espressione dell’arte bizantina, e da allora non riesco più a farne a meno. A maggio 2021, infatti, il mio parroco, Don Gianni Ratta, mi propose di realizzare un’icona per la nostra parrocchia di Villa Convento (Maria SS. Del Buon Consiglio) dato che sono anche una catechista. Io all’inizio ero un po’ intimorita, perché realizzare un’icona non è facile, è qualcosa che ti devi sentire, devi fare anche un discernimento personale. Quindi sono stata un po’ presa da tante paure, però dato che era un’esperienza che volevo fare, mi sono armata di buona volontà, mi sono documentata, facendo ricerche (per quanto riguarda i vari supporti, i materiali che si usano nelle icone, ecc) e chiedendo anche ad altri colleghi specializzati in quest’arte. Così ho iniziato: sono andata a scrivere l’icona nella sagrestia della chiesa, da sola, ogni giorno per quattro mesi, ed è stata una esperienza unica, nel vero senso della parola. In alcuni punti, addirittura, mentre riproducevo la Trinità di Rublëv, ho avuto come la sensazione che la mano andasse da sola. Una volta terminata, sono scoppiata in una valle di lacrime.

Da quel momento sento proprio l’esigenza di fare le icone: è una cosa bella, mi fa stare bene e con l’anima serena. Tante me ne hanno anche commissionate: ho realizzato, ad esempio, l’Arcangelo Michele, l’Arcangelo Gabriele, San Francesco e la Madonna del Silenzio, che poi ho regalato al mio parroco, al quale sarò sempre grata per aver creduto in me.

C’è un procedimento specifico da seguire per realizzare un’icona?

Si, per fare un’icona si deve seguire un determinato procedimento: la tavola deve avere uno spessore non inferiore ai 3 cm (perché il numero 3 rappresenta la Trinità), poi si devono passare 7 mani di gesso di Bologna e di colla di coniglio (perché il 7 è il numero della creazione). Dopodiché si deve stendere il bolo, che è un materiale rosso di origine vegetale, e una volta che si asciuga, bisogna applicare la foglia d’oro, per poi fissare il tutto con una vernice particolare per la doratura.

In seguito si passa ai colori, che sono dei pigmenti minerali in polvere che hanno come legante il rosso dell’uovo, perché tutto deve essere ispirato al mondo naturale: vegetale, animale o minerale. Non ci devono essere, infatti, sostanze artificiali.

Dopodiché l’icona si scrive, cioè si dà la simbologia con le lettere greche e si chiude il tutto con un filo rosso. Infine si passa l’olifa che è un olio particolare che deve essere steso con le mani.

Centrale nella tua vita e nelle tue opere è  la fede. Ma che cosa è per te la fede?

Per me la fede è l’accettazione di una realtà invisibile, una luce che viene accolta come un dono, attraverso dei segni, nonostante l’oscurità che l’avvolge. È importante e necessario credere e avere fiducia per superare le nostre paure, le sofferenze e le avversità della vita. Credere significa dare il cuore, rimetterlo nelle mani di un altro.

Io sono catechista da quando sono piccola, forse da più di 30 anni. Proprio ispirandomi alla fede l’anno scorso ho realizzato un’opera per la mostra “La Vita Nova” curata da Pompea Vergaro e incentrata sulle virtù. Ogni artista doveva sceglierne una e io scelsi proprio la fede. Il quadro che ho realizzato si chiama “Nonostante l’oscurità”: qui c’è una donna sulla destra che tiene in mano un rosario che è proteso verso la parte sinistra del quadro, dove ci sono le tenebre. Questo perché io ciò che è oscuro lo supero con la fede. D’altronde, credo che la stessa arte sia figlia di Dio, quindi per me dipingere è una vera e propria missione.

C’è un’opera alla quale tieni particolarmente?

Si, “Tutto torna”. Questo quadro, al quale sono molto legata, l’ho dipinto tutti i giorni durante il periodo del lockdown, in cui ho sofferto particolarmente. La protagonista è una enorme margherita sulla quale è posata un’ape. Ogni tanto, infatti, andavo a fare delle passeggiate fuori e vedevo questi fiori da cui ho tratto ispirazione. Il messaggio che volevo trasmettere attraverso quest’opera è che la primavera, rappresentata dalla margherita, sarebbe tornata e con lei la normalità e la leggerezza, lasciandosi alle spalle l’incubo del lockdown. L’ho realizzata così grande anche per esprimere visivamente questo desiderio di evasione. L’avrei fatta anche più grande se avessi potuto, ma quella era l’unica tela che avevo a casa e non potevo uscire per comprarne un’altra. Con questa opera, tra l’altro, ho partecipato al Trofeo Città di Lecce l’anno scorso e  sono arrivata tra i primi 16.

Un’altra opera ispirata al lockdown è  “La luce di Gaia”: in questo dipinto il colore predominante è il verde, che è simbolo della speranza. A sinistra c’è una donna con gli occhi chiusi, mentre a destra c’è una lanterna dalla quale cola un inchiostro di colore verde, appunto. Le mie opere hanno sempre un finale positivo.

Questo quadro l’ho realizzato nel 2018 in occasione dell’estemporanea di pittura “I colori della festa” promossa dalla Pro Loco di Monteroni, (cioè una mostra all’aperto dove si dipinge in poco tempo su un tema prestabilito) e lì mi sono aggiudicata il primo premio. Per me è stata una grande soddisfazione, perché realizzare un’opera in due ore non è semplice, ma questa l’ho dipinta proprio di getto.

Un altro quadro al quale sono molto legata è “Espressione di vita” realizzato per una mostra con Pompea Vergaro e ispirato ad una frase di Madre Teresa di Calcutta: “Ama la vita e amala seppure non ti da ciò che potrebbe, amala anche se non è come tu la vorresti, amala quando nasci e ogni volta che stai per morire. Non amare mai senza amore, non vivere mai senza vita”. Tema dell’opera è una maternità che non c’è: qui, infatti, è rappresentata una donna con il velo che è come se stesse tenendo in braccio un bambino, ma in realtà tra le sue braccia non c’è niente.

Anche questa opera racchiude un messaggio di speranza: anche se non dai la vita, anche se non riesci ad avere un figlio, la vita è bella e deve essere vissuta. Si tratta, inoltre, di un quadro completamente materico: è realizzato, infatti, con la yuta, la tela cucita e la carta riso.

A quante mostre hai preso parte nel corso della tua carriera?

Parecchie. A me le mostre hanno aiutato tantissimo, perché una volta uscita dall’Accademia mi sono sentita un po’ spaesata, quindi il fatto di relazionarmi con altri pittori e artisti mi ha aperto nuovi orizzonti e mi ha portato ad approfondire altri linguaggi. Il mio sogno era quello di fare delle mostre all’estero e alla fine devo dire che ci sono riuscita, perché ho esposto a Neuchatel in Svizzera e poi a Londra, nel quartiere Rickmansworth. L’unica mostra personale l’ho fatta nel 1997, subito dopo la laurea e venne curata dalla mia docente di arte dell’Accademia, la professoressa Giusy Petruzzelli; il tema era la gradazione del colore. Poi ho partecipato a moltissime collettive ed estemporanee di pittura, e ho esposto anche con il WWF. Proprio in questi giorni sto partecipando con alcune mie opere ad una mostra che si sta svolgendo a Pesaro, organizzata dall’associazione di Regina Resta di cui faccio parte, “I colori del Salento”. La prossima è in programma a giugno con due altre mie colleghe, Anna Frappampina e Irma Dongiovanni, e si svolgerà nella Galleria Arca, in Via Palmieri a Lecce.

Hai correnti artistiche a cui ti ispiri? Pittori di riferimento?

L’arte moderna, in particolare i sacchi di Alberto Burri, pittore delle avanguardie del 1900. Io ho preso spunto da lui, è uno dei miei riferimenti, mi sono ispirata proprio ai suoi dipinti con i rilievi, le crepe e le bruciature. Anche Paul Klee, artista tedesco sempre del XX secolo ed esponente dell’astrattismo, mi piaceva molto. Le sue opere mi colpivano soprattutto per gli accostamenti dei colori. Io penso, e questo discorso lo faccio anche ai miei allievi, che quando si studia qualcosa, bisogna poi interpretarlo e farlo proprio. Copiarlo no, però rielaborarlo si.

Riesci a stare senza dipingere?

Io, nella mia vita, ho sempre dipinto: finivo un quadro e ne cominciavo un altro. Non sono mai stata ferma, non mi piace. Mi invento sempre qualcosa da fare, sono molto attiva, anche perché io amo quello che faccio e la pittura mi ha aiutato tantissimo, soprattutto nei momenti più difficili. Adesso sto realizzando un paesaggio che mi è stato commissionato, ma oltre a questo purtroppo non sto dipingendo altro perché, a causa del lavoro, non ho proprio tempo libero. Infatti sto soffrendo molto e avverto dentro di me la necessità di riprendere. Non appena finirà la scuola, mi dedicherò alla pittura: ho già in mente la produzione di opere che realizzerò, sulla quale sicuramente poi organizzerò una mostra. Non voglio svelare nulla però, è una sorpresa.

Anche il lavoro di insegnante, comunque, mi dà molta soddisfazione, è una esperienza davvero appagante.

In passato hai anche tenuto numerosi laboratori per ragazzi disabili. Come è stata questa esperienza?  

È stata davvero una bellissima esperienza. Ho tenuto questi laboratori per tre anni a Leverano, nella cooperativa sociale per disabili “Il Mulino”. Loro mi chiamavano a cadenza, cioè mi invitavano una volta all’anno, e questi laboratori si articolavano in 7-8 incontri. Stare a contatto con i ragazzi più bisognosi ti arricchisce moltissimo, anche perché poi loro erano contentissimi, ogni volta non vedevano l’ora. Abbiamo fatto diverse attività, sia laboratori di pittura che quelli sulla manualità e abbiamo adottato una tecnica un po’ particolare, quella dello stencil. Ognuno ha dipinto una tela, realizzando un paesaggio marino o una natura morta. Poi abbiamo fatto anche una mostra finale ed è stato bellissimo. Il secondo laboratorio era incentrato sulla tematica del Natale, mentre l’ultimo sulle quattro stagioni, che loro hanno dipinto sui sassi. L’ultimo laboratorio risale all’anno scorso.., quest’anno non mi hanno chiamata perché purtroppo, lavorando, non riesco ad organizzarli, e mi hanno detto che i ragazzi ne hanno sentito la mancanza.

L’estate scorsa, inoltre, ho tenuto anche un laboratorio artistico per bambini dai 6 agli 11 anni intitolato “In mezzo alla natura”, insieme alla scultrice Carolina Sperti, presso la masseria del Parco Naturale Regionale Bosco e Paludi di Rauccio a Torre Chianca, marina di Lecce. Anche quella è stata una bellissima esperienza, infatti quest’estate ne organizzeremo un altro.

Tu sei anche una restauratrice. Di che tipo di restauri ti occupi?

L’arte del restauro mi piace molto. Io l’ho appresa in Accademia, grazie al mio professore di allora, e durante il corso con il maestro Malecore. Faccio prevalentemente restauri di quadri: ad esempio se le tele sono rovinate, tagliate o se magari manca il colore, io le ripristino. Anche qui c’è un procedimento apposito che bisogna seguire. Ho restaurato anche le tele di Candia, appartenenti ad una collezione privata, e per me è stato davvero un onore. Lui secondo me è stato un grande artista, ma non è stato capito. Ho fatto anche un restauro di alcune carte antiche e di statue in cartapesta: ad esempio ho restaurato quella di San Francesco da Paola, che era distrutta, nella chiesa dei Teatini, e ci ho impiegato più di un mese. I restauri sono sicuramente più impegnativi, anche perché ci sono dei tempi di asciugatura più lunghi.

In quell’occasione mi ha aiutata tantissimo Don Franco Lupo, che ricordo con affetto.

Gli occhi di Annamaria Di Maggio non hanno mai smesso di brillare nel corso di tutta l’intervista: segno di quanto la pittura sia fondamentale per lei e di quanto piacere le faccia parlarne. Un’artista contraddistinta da una energia travolgente e da un modo di fare genuino, e una donna dall’animo nobile e dallo spirito guerriero.

La sua pagina Facebook di riferimento si chiama “Dimacreazioni – Annamaria Di Maggio” all’interno della quale è possibile trovare i suoi quadri e tutte le informazioni utili. Il suo laboratorio ha sede a Villa Convento.